Dio esiste e vive a Bruxelles

Dio esiste, ma sapere di che pasta sia realmente fatto non è che aiuti tanto a farlo amare di più. Anzi, tutt’altro. Dio vive a Bruxelles, città che ha creato un giorno in cui si annoiava più di altri. Ci vive con la moglie, una deessa che non ama, e una figlia adolescente. L’altro figlio se ne è andato di casa tempo prima, ha messo insieme la sua compagnia di apostoli e ora non si fa più vedere, se non rappresentato in statue o affreschi. Dio passa gran parte della sua giornata davanti al computer a disegnare le sorti del mondo che ha creato, ma essendo cinico, frustrato e perché no, crudele, per gli uomini dio immagina sfighe e dolori a ripetizione. Insomma, un dio così non sale molto in alto nella lista dei preferiti, neanche tra i propri famigliari. Tanto che un giorno Ea, sua figlia, decide di entrare nello studio, impossessarsi del computer e annullare con un semplice gesto tutto il potere del padre: invia agli uomini la data della propria morte. A questo punto dio è morto.

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Fatto ciò ad Ea non resta che scappare: attraverso l’oblò di una lavatrice arriva sulla Terra per trovare sei nuovi apostoli e scrivere un Nuovo nuovo testamento. Un testamento 2.0, in cui il punto di vista sia quello degli uomini e non di dio, troppo egocentrico, dal punto di vista della ragazzina.
E questo è solo l’inizio di Dio esiste e vive a Bruxelles, nuovo film del belga Jaco Van Dormael che giusto 25 anni fa stupiva con il suo lungometraggio d’esordio Totò les heroes, la storia di  un vecchio convinto di aver vissuto una vita non sua e diviso ad ammazzare colui che gli avrebbe rubato il suo ruolo legittimo. Film straordinario narrato con sbalzi temporali e una vena di ironica malinconia che il regista ha mantenuto in tutta la sua parca produzione. Un cinema onirico in cui la favola viaggia lieta a braccetto della realtà, andando a disegnare un mondo tutto particolare. Ma anche un cinema tutto particolare, perché Van Dormael è un autore a tutto tondo e quando gira lascia, come il pittore, un segno ben preciso, inconfondibile. Anche quest’ultimo lavoro, benché non parta da un’idea originalissima, rimane un sorprendente unicum capace di miscelare sapientemente tenerezza e perfidia, e di rappresentare il genere umano (e quello divino) con uno sguardo che non trovi in tutti gli occhi.