Storie di libri: I dorsi dei bufali

I dorso dei bufali di Giorgio De Maria

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Giorgio De Maria (1924 – 2009). Torinese, intellettuale eclettico capace di spaziare dalla musica (fu pianista e membro del movimento musicale Cantacronache), al teatro, al giornalismo (fu collaboratore de La Stampa e de Il Caffè), alla narrativa; morì del tutto dimenticato e afflitto da problemi psichici, dopo avere abbandonato la letteratura alla fine degli anni Settanta. Per caso il suo nome viene riscoperto recentemente dal critico e scrittore australiano Ramon Glazov, che legge, apprezza e traduce in inglese, l’ultimo romanzo di De Maria, Le venti giornate di Torino. Inchiesta di fine secolo, pubblicato originariamente e senza alcuna risonanza, in Italia nel 1977 da Il Formichiere. Il libro appare negli Stati Uniti nel febbraio del 2017 con il titolo The Twenty Days of Turin: A Novel, e diventa subito un classico del weird inserito tra i migliori romanzi del 2017, suscitando l’ammirazione di Jeff VanderMeer, l’alfiere del new weird contemporaneo, mentre il nome dell’autore torinese viene improvvisamente accostato a quelli di Poe e di Lovecraft. Quasi in contemporanea, nel settembre dello stesso anno, Frassinelli rilancia lo scrittore anche in Italia con una nuova edizione del testo e un apparato critico di corredo che ne segnala, forse in termini anche troppo pittoreschi e sensazionalistici, l’aspetto outrè e maledetto. De Maria torna così tardivamente ma insindacabilmente a occupare il posto che gli compete tra i grandi della narrativa fantastica italiana.

Autore di quattro romanzi, vari racconti e un testo teatrale, la sua opera è segnata dal legame indissolubile, analogo a quello di Lovecraft per Providence, alla sua città natale, Torino – città della magia e dell’esoterismo, sì, ma anche del Politecnico, della Fiat, di Quaderni Rossi e dell’Operaismo: la figura geniale di questo autore saprà assidersi esattamente al centro di questi due poli, di queste due anime, comprendendole entrambe. Dopo avere riscoperto il suo ultimo libro, Frassinelli ripubblica in questi giorni anche l’opera prima di De Maria, I Trasgressionisti del 1968 – e ci auguriamo che presto seguiranno anche gli altri suoi due romanzi, Il dorso dei bufali (Mondadori, 1973), La morte segreta di Josif Giugasvili (Il Formichiere, 1976) e magari la raccolta dei racconti, Apocalisse su misura (Tamari, 1964) – , un testo più breve e forse meno immediato della sua postumamente fortunata opera maggiore, ma non meno complesso. (W. Catalano)

I protagonisti del romanzo di Giorgio De Maria I dorsi dei bufali, sono impegnati fin dalle prime pagine a mantenere In vita una relazione amorosa certamente difficile, ma non senza vie d’uscita. Lui abita in una città del Norditalia, lei, Héloïse, a Ginevra, ed è prigioniera di un vincolo matrimoniale che esita a spezzare: scambi di lettere, brevi incontri clandestini, esaltazioni, malintesi, sofferenze. Inoltre, per dare un’impalcatura ideale al loro legame lavorano insieme a un libro che ha per sfondo le vicende politiche più attuali (la storia si svolge tra il 1969 e il ’71). Nella dialettica dell’amore-passione, ingredienti antichissimi sono l’irregolarità del legame amoroso, la lontananza, gli ostacoli che l’uomo e la donna frappongono, più o meno inconsciamente, per rendere i loro incontri più esaltanti. È la tematica di molte storie d’amore del passato, dal finale spesso tragico. Quando però gli amanti non si chiamano Tristano e Isotta, ma sono creature dei nostri giorni, immerse in un mondo industrializzato e permissivo, pienamente consapevoli del tipo di società che li circonda, la ragione suggerirebbe di adeguarsi ai tempi e di rinunciare a quel gioco doloroso e infuocato. Ma l’essere uomini moderni, aperti a un rinnovamento della società, non è condizione sufficiente per liberarci dagli elementi arcaici che da secoli, da millenni operano in noi ben stratificati. E così una improvvisa insurrezione di forze oscure sopraggiunte dal profondo della coscienza tramuta in odio l’amore dei protagonisti. Forse, con una buona “amministrazione” del vivere borghese, oppure con un coraggioso “gesto” rivoluzionario in sintonia coi tempi, il legame sarebbe stato salvo. Ma la conoscenza di noi stessi è tale da consentirci di pianificare il nostro futuro anche tenendo conto di “ciò che non siamo, di ciò che non vogliamo”? La parte più profonda di noi può sfuggire al nostro controllo e a volte rivelarsi la nemica imbattibile. Il romanzo, che si immerge nel vivo del nostro tempo, potrebbe quindi terminare con una catastrofe sentimentale, se il personaggio Héloïse non avesse il dono tutto femminile della imprevedibilità: una sorta di intuito superiore che le permette di “leggere” oltre le cose e di giocare una estrema, segreta carta al fine di riavere l’amore perduto: quasi una magica sfida alle potenze avverse. Ci riuscirà? Oppure “i dorsi dei bufali“, simbolo e realtà insieme, finiranno per prevalere? Già nel suo precedente romanzo I Trasgressionisti De Maria aveva espresso la sua vocazione a esplorare i demoni che si nascondono nelle moderne metropoli industriali; la sua ricerca appare in questo libro di più ampio respiro sensibilmente approfondita, e la sua realizzazione esemplare per la verità che investe e invischia il lettore.

Bibliografia

La fine del quotidiano. Racconto di fanta-arte, in Il Caffè, a.VI, n.6, giugno 1958; Il generale Trebisonda, in Il Caffè, a.XII, n. 2, luglio 1964; La morte a Missolungi, in Il Caffè, a.XVIII, n. 3-4, 1971; I trasgressionisti, Mondadori, 1968; Il dorso dei bufali, Mondadori, 1973; La morte segreta di Josif Giugasvili, Il Formichiere, 1976; Le venti giornate di Torino. Inchiesta di fine secolo (Il Formichiere, 1977), Frassinelli, 2017; Prova d’appello, in Sipario, n. 383, 1978.

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